Il cambio di destinazione d’uso è una pratica molto diffusa e allo stesso tempo complessa, che ci consente di trasformare l’utilizzo di un immobile, adeguandolo alle nostre esigenze.
In questo articolo vedremo insieme quando è possibile farlo e come attuarlo.
Indice:
Destinazione d’uso di un immobile: di cosa si tratta?
Partiamo dalle basi. Cosa è la destinazione d’uso di un immobile?
Come dice la stessa parola si tratta dell’impiego che se ne fa.
In realtà su uno stesso immobile potrebbero vertere più utilizzi. Ad esempio, potrebbe accadere che uno stesso fabbricato contenga un’attività produttiva affiancata alla rivendita degli stessi prodotti. In questo caso avremmo una destinazione produttiva e una commerciale. Assegneremo all’immobile la destinazione che occupa in percentuale più superficie utile.
Quali sono le categorie funzionali?
Con la legge n. 164 del 2014 è stato introdotto l’articolo 23-ter all’interno del Testo Unico dell’Edilizia, DPR n.380 del 2001. Questo articolo esplicita le regole per il cambio di destinazione d’uso. Esso, al primo comma, chiarisce il significato del cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante.
In particolare, le categorie funzionali urbanisticamente rilevanti sono:
- residenziale
- turistico – ricettiva
- produttiva e direzionale
- commerciale
- rurale.
Ebbene, il cambio d’uso rilevante si configura come il passaggio di un immobile tra due delle categorie summenzionate, indipendentemente dalla realizzazione di opere durante questa operazione.
Per spiegarci meglio, se dobbiamo far diventare un bar ristorante, poichè appartengono entrambi alla stessa categoria funzionale, non si tratterà di cambio di destinazione rilevante.
Se, invece, abbiamo un cambio da magazzino ad abitazione, allora parleremo di cambio di destinazione d’uso rilevante, perchè i due immobili, originario e finale, appartengono a categorie diverse.
Cambio di destinazione d’uso DPR 380/01
Gli altri due commi dell’articolo 23-ter specificano quanto segue.
In primo luogo, il cambio di destinazione d’uso si intende come passaggio dalla categoria originaria ad una diversa. Quella originaria viene attestata dal titolo edilizio che ha legittimato lo stato di fatto. Questo punto è importante perchè si fa spesso confusione tra catasto ed urbanistica.
La legittimazione di un immobile, e quindi anche della sua destinazione d’uso, è determinata dai titoli che, per capirci, vengono consultati presso l’Ufficio Tecnico del Comune.
Qualora l’immobile fosse stato edificato in un’epoca in cui non era obbligatorio acquisire un titolo edilizio, si ricorre alle informazioni catastali di primo impianto, o altra documentazione per cui vi rimando alla legge.
Quello che mi preme qui sottolineare è che il Catasto viene solo dopo la ricerca urbanistica ed edilizia, non è un sostituto a prescindere.
In secondo luogo, il terzo comma specifica che a livello locale potrebbero esserci delle diverse previsioni, più o meno restrittive. Per questo il mio consiglio è sempre quello di passare dal proprio Ufficio Tecnico, al fine di prendere le informazioni del caso, per evitare di incorrere in sanzioni. La legge, lo ricordo, purtroppo non ammette ignoranza.
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Quando si può fare il cambio di destinazione d’uso
Il cambio di destinazione d’uso è sempre possibile farlo, a patto che le condizioni dell’immobile di partenza si possano adeguare alle nuove funzioni e che siano rispettati alcuni parametri.
In primis, è importante sapere se all’interno dello strumento urbanistico di governo del territorio è previsto che su quell’immobile si possa attuare un cambio di destinazione d’uso.
Inoltre, nel passaggio da una categoria all’altra sarà necessario che l’immobile finale rispetti tutte le normative in materia di igiene.
In buona sostanza, per un appartamento ad esempio, sarà necessario che ci siano le altezze minime, le superfici minime per ogni vano e che vengano rispettati i rapporti aero-illuminanti.
Altre considerazioni vanno fatte sulla posizione degli impianti, degli scarichi in particolare, che potrebbero creare qualche ostacolo, risolvibile nella maggior parte dei casi con qualche accorgimento.
Cambiare la destinazione d’uso di un immobile in condominio
Infine, un ulteriore ostacolo potrebbe essere all’interno del regolamento condominiale, qualora l’immobile fosse in condominio. Per questo, è bene sempre consultarlo.
All’interno del regolamento, infatti, potrebbero essere inseriti limiti o addirittura un divieto rispetto al cambio di destinazione d’uso mediante delibera assembleare approvata all’unanimità dai condomini e trascritta successivamente nei registri immobiliari.
Cambio di destinazione d’uso senza opere e con opere
Altra questione è quella del cambio con o senza opere. Nella maggior parte dei casi quando siamo di fronte ad un cambio rilevante si rende necessario realizzare delle opere, se non altro per adeguare ai regolamenti i nuovi immobili.
Prendiamo il caso di un magazzino, ad esempio.
Se partiamo da questa destinazione per passare ad un’abitazione, di sicuro si dovranno realizzare opere per una diversa distribuzione degli spazi interni, per dotare l’appartamento dei giusti vani, e aprire magari nuove finestre per garantire i rapporti aeroilluminanti.
Quali sono i titoli abilitativi per un cambio di destinazione d’uso?
La tipologia di pratica edilizia da presentare dipende dalla rilevanza o meno del cambio.
Nel caso, infatti, di un cambio di destinazione all’interno della stessa categoria, come può essere la trasformazione di un appartamento in affittacamere, è sufficiente una SCIA, Segnalazione Certificata di Inizio Attività.
Che vi siano o meno opere, quando il cambio d’uso è rilevante, invece, si chiederà un Permesso a Costruire.
Sono state introdotte alcune semplificazioni dal DL del 2020, tuttavia, anche per questo è buona abitudine fare un passaggio per l’Ufficio Tecnico, poichè potrebbero esserci delle specifiche diverse da Comune a Comune.
Fatta la legge, mi sono comunque ritrovata ad affrontare i cambi d’uso in modo diverso a seconda della Regione in cui operavo.
Quando è necessaria l’autorizzazione?
Ricapitolando, quindi, a questa domanda si può rispondere che la richiesta di autorizzazione per il cambio di destinazione d’uso è sempre necessaria.
Come fare il cambio di destinazione d’uso
In virtù del fatto che, come detto prima, Catasto ed Urbanistica devono viaggiare di pari passo ma non sono alternativi, quando si opera un cambio di destinazione d’uso bisognerà non solo presentare una richiesta di autorizzazione all’Ufficio Tecnico.
Infatti, terminati i lavori, qualora ce ne fossero, o dopo aver ottenuto l’autorizzazione a livello urbanistico, sarà necessario allineare anche i documenti catastali, comunicando all’Agenzia del Territorio le avvenute modifiche.
Il suggerimento è quello di affidarsi ad un professionista, che sappia gestire la pratica in modo completo e senza problemi.
Quanto costa fare un cambio di destinazione d’uso
Veniamo ora allo zoccolo duro: i costi.
Per un cambio di destinazione d’uso questi devono essere suddivisi in diverse voci:
- oneri urbanistici e diritti di istruttoria
- parcelle professionali
- lavori edili
- eventuali allacci di nuove utenze.
Per quanto riguarda i primi, gli oneri vengono pagati in virtù del fatto che qualunque cambio di destinazione, anche senza opere, porta un diverso carico urbanistico.
Le parcelle professionali variano e sono legate a:
- verifica di conformità urbanistica ed edilizia
- presentazione della pratica edilizia
- eventuale pratica strutturale, se ci sono interventi che toccano le strutture
- eventuale relazione per il risparmio energetico, che non è necessaria per tutte le destinazioni finali
- direzione dei lavori
- eventuale gestione della sicurezza sul cantiere
- eventuale Attestato di Prestazione Energetica finale
- aggiornamento catastale (per questo si dovranno corrispondere anche i diritti al Catasto)
- Segnalazione Certificata di Agibilità
L’ultima voce riguarda i lavori edili. Ovviamente conteremo questi nel caso in cui il cambio d’uso sia con opere.
Per valutare tali costi è opportuno farsi redigere un computo metrico dal proprio professionista di fiducia e presentarlo a varie imprese per avere diversi preventivi da confrontare.
I costi cambiano da zona a zona e purtroppo anche nel tempo (vedi gli ultimi tre anni di aumenti esorbitanti).
Nel confrontare i preventivi raccomando sempre di fare attenzione non solo ai prezzi, ma anche alla qualità, andando magari a vedere da vicino lavori già svolti dalle stesse ditte. Inoltre, è importante farsi valutare anche una percentuale di imprevisti da inserire nel capitolato, per non avere brutte sorprese alla fine!
Bonus casa per cambio di destinazione d’uso
La bella notizia è che, dal momento che il cambio di destinazione si configura come una ristrutturazione, si ha diritto ad usufruire delle detrazioni fiscali.
Tuttavia, bisogna fare alcune precisazioni.
Per il bonus ristrutturazione, è necessario che l’immobile finale sia ad uso residenziale.
Il sismabonus riguarda gli immobili che abbiano destinazione finale sia residenziale sia produttiva.
Sull’ecobonus c’è una duplice interpretazione.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, ammette al Superbonus e di conseguenza anche all’ecobonus anche gli immobili derivanti da cambio di destinazione d’uso, purchè la destinazione finale sia abitativa.
Diversa, invece, è la posizione dell’ENEA, a cui devono essere comunicati gli interventi di risparmio energetico per le detrazioni. Secondo questo ente, infatti, il cambio di destinazione si configurerebbe come nuova costruzione e per questo non si potrebbe usufruire dell’ecobonus.
Esaminiamo insieme il tuo immobile per un corretto cambio di destinazione d’uso
Caterina
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